La serialità televisiva ha il potere di scandagliare le pieghe della storia, offrendo al pubblico una prospettiva immersiva sugli eventi che hanno segnato il passato. M – Il figlio del secolo, tratto dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati e diretto da Joe Wright, si inserisce in questo solco con una messa in scena che fonde rigore storico ed estetica cinematografica. La serie, disponibile su Sky, affronta il tema dell’ascesa di Benito Mussolini con un linguaggio visivo audace e una narrazione che interpella direttamente lo spettatore.

M- Il Figlio del secolo: Una narrazione che coinvolge lo spettatore
Una delle scelte più impattanti della serie è il continuo sguardo in macchina del protagonista, interpretato magistralmente da Luca Marinelli. Mussolini non è solo il fulcro del racconto, ma diventa un interlocutore diretto del pubblico, rompendo la quarta parete per rivelare la spregiudicatezza della sua ascesa. Questo espediente narrativo non è solo un vezzo stilistico, ma un vero e proprio strumento per coinvolgere lo spettatore, costringendolo a riflettere sulla complicità sociale che ha permesso il consolidarsi del regime fascista.
Uno degli aspetti più interessanti di “M – Il figlio del secolo” è la sua capacità di bilanciare l’aderenza ai fatti storici con l’esigenza di una narrazione fluida e coinvolgente. Il testo di Scurati, basato su documenti e testimonianze dell’epoca, trova nella serie una trasposizione che non si limita a una ricostruzione pedissequa, ma cerca di attualizzare il discorso politico e sociale. Il riferimento a slogan e atteggiamenti populisti contemporanei, come il «Make Italy Great Again» pronunciato dal protagonista, rende il racconto ancora più incisivo e attuale.
Joe Wright, noto per il suo stile visivo raffinato e per la sua capacità di costruire tensione drammatica (come dimostrato in film come “L’ora più buia”), porta in “M” una regia che esalta il contrasto tra l’epica dell’ascesa e l’inevitabile caduta. L’uso di inquadrature strette, la fotografia cupa e una colonna sonora che alterna momenti solenni a toni più incalzanti contribuiscono a creare un’atmosfera densa e opprimente, che riflette perfettamente il clima politico dell’epoca.
Se Luca Marinelli domina la scena con un’interpretazione che cattura sia il carisma che la follia narcisistica di Mussolini, il resto del cast non è da meno. Il personaggio di Giacomo Matteotti, interpretato con intensità, funge da contrappunto morale alla figura del Duce, incarnando la voce della resistenza civile e politica. Anche il ruolo di Gabriele D’Annunzio, seppur più marginale rispetto al romanzo, aggiunge un tocco di teatralità e ambiguità alla narrazione.

Come ogni opera che affronta un periodo storico controverso, “M – Il figlio del secolo” ha suscitato un acceso dibattito. Alcuni critici hanno elogiato la serie per il suo approccio innovativo e per la capacità di rendere accessibile un tema così complesso, mentre altri hanno sollevato dubbi sulla scelta di concedere così tanto spazio alla figura di Mussolini, temendo che potesse generare una forma di fascinazione involontaria. Tuttavia, il messaggio antifascista della serie è chiaro e inequivocabile: il racconto non glorifica il protagonista, ma ne smaschera l’opportunismo e la spietatezza.
“M – Il figlio del secolo” è più di una semplice serie storica: è un’opera che interroga il presente attraverso il passato, mettendo in discussione il ruolo dell’opinione pubblica e della memoria collettiva. Grazie a una regia solida, un cast eccezionale e una sceneggiatura che non teme di affrontare le ambiguità della storia, la serie si impone come un prodotto culturale di grande valore. Non è solo un viaggio nel tempo, ma un monito contro i pericoli sempre attuali dell’autoritarismo e della manipolazione politica. Un’opera che merita di essere vista e discussa, oggi più che mai.